Lutto e perdita
Perdere qualcuno che si ama è molto doloroso. Dopo una perdita importante, si possono provare molti tipi di emozioni difficili, come shock, rabbia e senso di colpa; a volte si può vivere come se la tristezza non andasse mai via. In realtà questi vissuti, sebbene possano essere molto travolgenti, sono reazioni normali in seguito ad una perdita ed è importante accettarli come parte del processo di lutto e permettersi di provare ciò che si sente, inclusi la sensazione che si stia impazzendo, di essere in un brutto sogno o mettere in discussione le proprie convinzioni religiose.
Ci sono alcuni miti che è importante sfatare riguardo al lutto:
* il dolore andrà via più velocemente se lo ignoriamo: in realtà cercare di ignorare il dolore non farà che peggiorare le cose nel lungo periodo. Per una guarigione vera e propria è necessario affrontare il dolore e tutte le altre emozioni.
* è importante essere forti di fronte alla perdita: sentirsi tristi, spaventati o soli è una normale reazione alla perdita; piangere non significa essere deboli ma mostrare i propri veri sentimenti.
* se non si piange vuol dire che non si è dispiaciuti per la perdita: il pianto è una reazione normale alla tristezza, ma non è l’unica; ci sono persone che hanno più difficoltà a lasciarsi andare ma questo non significa che non sentano il dolore ma solo che hanno altri modi di dimostrarlo.
Ad un certo punto nella nostra vita, ognuno di noi affronta la perdita di una persona cara e significativa; il dolore che segue tale perdita può sembrare insopportabile, ma è, in realtà, parte integrante del processo di elaborazione del lutto. In un primo momento, si tende a negare che la perdita ci sia davvero stata e la persona si può isolare dalla rete di amicizie e di supporto. Questa fase può durare qualche minuto o più a lungo. Successivamente possono subentrare il senso di colpa per le cose che non sono state fatte o dette, o per certe sensazioni (ad esempio sensazione di sollievo quando la persona è morta dopo una lunga malattia difficile) o anche anche una serie di preoccupazioni e paure, ci si può sentire ansiosi, impotenti o insicuri e avere timori sulla propria mortalità o sull’idea di dover affrontare la vita o le responsabilità da soli senza quella persona. Dopo questa prima fase, la persona che soffre, può essere furiosa perché sente ingiusto quello che è accaduto e soffre terribilmente. Può essere arrabbiata con i medici, con Dio, con la persona morta perché l’ha abbandonata o anche essere arrabbiata con se stessa perché non fa nulla per far cambiare le cose, anche se, realisticamente, niente avrebbe potuto essere cambiato. Successivamente si “viene a patti” con quello che è successo e si riprende il controllo della propria vita. Subito dopo questa fase la persona diventa consapevole e sperimenta tutto il dolore e la tristezza per la separazione dalla persona cara. Infine c’è la fase di accettazione, in cui la rabbia e la tristezza diminuiscono gradualmente e lasciano lo spazio alla tenerezza e al ricordo. È importante concedersi il giusto “periodo di lutto” ossia un tempo adeguato per poter elaborare il trauma della perdita; il lutto è come una ferita e il tempo di cicatrizzazione richiede tempo e fatica. Se però dopo molto tempo non ci si sente meglio, o anzi si ha l’impressione che il dolore stia aumentando, può essere il segno che il dolore si è trasformato in un problema più grave, come il lutto complicato o la depressione. Quando si vive una condizione di lutto complicato ci si sente come bloccati in un costante stato di lutto, si può passare dalla negazione della morte e dal senso di incredulità, all‘estrema amarezza o rabbia per la perdita subita, ci sono pensieri intrusivi o costanti ricordi della persona amata oppure al contrario si possono evitare sistematicamente tutte le cose che vi ricordano il defunto, anche molto tempo dopo la sua morte.
In questa situazione può rivelarsi prezioso l’aiuto di uno psicologo/psicoterapeuta che può sostenere la persona nell’attraversare tutte le dolorose fasi della perdita e può aiutare ad elaborare i vissuti di rabbia, dolore, confusione e disorientamento che accompagnano questo momento; questa condivisione renderà il peso del dolore più facile da sopportare. In particolare lo psicologo/psicoterapeuta può aiutare il paziente a prendere consapevolezza del suo disagio facendo emergere emozioni, sentimenti, pensieri e riflessioni, al fine di ricreare un nuovo senso di sè e del mondo e di poter “far pace” con la perdita e creare uno spazio per il ricordo affettuoso del proprio caro senza più sentimenti di disperazione intollerabili.
Separazione, divorzio e abbandono
Non è mai facile quando un matrimonio o altre relazioni significative finiscono. Quando si vive un divorzio è normale avere molti alti e bassi, e sentire emozioni conflittuali, come rabbia, risentimento, tristezza, sollievo, paura e confusione. È importante identificare e riconoscere questi sentimenti perché cercando di sopprimerli o di ignorarli si rischia di prolungare il processo di lutto. Sebbene per alcuni possa risultare molto difficile parlare dei propri sentimenti con altre persone, questo permette di sentirsi meno soli con il proprio dolore e aiuterà il processo di elaborazione della sofferenza. Parlare con persone che hanno già vissuto un divorzio può essere particolarmente utile perché esse sanno cosa vuol dire e possono assicurare che c’è speranza per la guarigione dalla sofferenza e per costruire nuove relazioni. Accettare l’abbandono della persona amata richiede tempo, generalmente un minimo di sei mesi, e un processo psicologico complesso per certi versi analogo a quello che avviene per l’elaborazione del lutto di una persona cara.
Nelle prime fasi della separazione, la negazione ha un aspetto predominante: chi viene lasciato non riesce a credere che la storia sia veramente finita e che l’altra persona voglia lasciarlo o non lo ami più e può continuare a sperare in un riavvicinamento, contro ogni logica e ogni evidenza. Raramente, infatti, la separazione avviene di comune accordo, di solito c’è un partner che prende l’iniziativa della rottura, cogliendo l’altro completamente di sorpresa. Non è infrequente che chi è stato lasciato, faccia commenti del tipo “avevamo un matrimonio così felice e l’ultima cosa che mi sarei aspettato è che lui/lei volesse divorziare” oppure “c’erano dei problemi ma non pensavo che lui/lei fosse così infelice”. Infatti, non sempre il coniuge che decide di porre fine al matrimonio ha il coraggio di esplicitare i suoi dubbi e la sua infelicità. In molti casi il partner che lascia, fino al giorno prima della rivelazione continua a comportarsi normalmente, senza lasciar trapelare esplicitamente la propria insoddisfazione. Anche quando tutto procede abitualmente, il partner che non ama più manda senza volerlo una serie di messaggi non espliciti di noia e disinteresse che l’altro sembra incapace di cogliere. Purtroppo anche quando il partner mostra in modo inequivocabile il suo disamore, il coniuge più innamorato può negare anche l’evidenza. Quando la negazione è particolarmente forte (più è intenso il coinvolgimento, più è forte la negazione), si vive un temporaneo stato di shock in cui si “va avanti” come se niente fosse successo e il divorzio lasciasse assolutamente indifferenti; in realtà questa reazione tradisce un profondo turbamento emotivo, che se non accuratamente considerato può portare a gravi depressioni o altre problematiche psicologiche. Spesso dopo questa prima fase si sperimentano ansia e disorientamento, rendendosi conto di dover affrontare, forse per la prima volta, il mondo da soli. Una relazione sentimentale consolidata è un punto di riferimento importante e rappresenta una fonte di sicurezza e quando essa si conclude si può avere la sensazione che il proprio mondo vada in pezzi e ci si può sentire vulnerabili e sperduti. Quando le questioni burocratiche sono concluse e si fanno i conti con la solitudine, molte persone sperimentano una profonda sensazione di tristezza, legata al fatto che si comincia a rendersi conto della perdita subita ma non si vuole e non si riesce ad accettarla. La dissoluzione del legame matrimoniale non costituisce solo la fine di una storia d’amore importante ma anche tutto quello che un matrimonio rappresenta a livello psicologico: è la fine di un progetto di vita in cui si era creduto e scommesso, dei sogni per il futuro, di una relazione che si sperava sarebbe durata per sempre. Il divorzio è, infatti, una perdita affettiva importante che racchiude in sé tante altre perdite (economiche, pratiche, sociali, familiari) in quanto tale è in grado di scuotere in modo profondo l’identità personale e l’autostima.
Durante questa fase la persona che è stata lasciata si può addossare tutta la responsabilità del fallimento matrimoniale e si può macerare nei rimorsi e nei sensi di colpa, credendo che se non avesse fatto errori o se avesse avuto un carattere diverso, sarebbe ancora felicemente sposata. Questa fase è molto delicata dal punto di vista psicologico perché se non adeguatamente elaborata può portare a vivere il divorzio come la prova della propria inadeguatezza personale. Passato il tempo della tristezza, può cominciare ad insorgere verso l’ex partner un sentimento di rabbia: mentre prima ci si dava tutte le colpe, adesso i torti vengono attribuiti al partner. Ci si può percepire come vittime di una persona indegna che ci ha rovinato la vita. In questa fase è normale provare sentimenti forti di aggressività o desideri di vendetta, tuttavia se non vengono elaborati in modo adeguato, si può finire col trascorrere tutta la vita nella posizione di vittima, precludendosi altre storie. Dopo aver attraversato tutte le emozioni dolorose che una rottura sentimentale comporta, la persona può uscire dalla separazione con una ritrovata autostima, maggiore consapevolezza delle proprie capacità, per essersela cavata da sola e per aver affrontato sfide che non si pensava di poter sostenere.
La maggioranza delle persone, però, dopo il divorzio sperimenta un periodo di insicurezza personale e di estrema fragilità emotiva, viene minata la sicurezza personale e per un attimo la propria identità viene messa a soqquadro. A prescindere dalla durata del matrimonio, si esce dal divorzio in qualche modo segnati e cambiati. Una rottura poi porta incertezza per il futuro: come sarà la vita senza il partner? Si troverà un’altra persona o si resterà soli? Queste incognite, a volte, sembrano peggiori di un rapporto infelice. Per evitare di trasformare il divorzio in un campo minato, può essere utile un supporto psicologico, grazie al quale la persona può imparare a comprendere come una perdita dolorosamente vissuta e profondamente elaborata può creare le condizioni per il riconoscimento di sé stessi e per una rinascita interiore. Dopo gli eventi negativi e le sofferenze passate, infatti, potrà guardare al precedente matrimonio o alla precedente relazione con maggiore distacco, con uno sguardo nuovo, sapendo cogliere anche le cose buone che ci sono state e senza portare rancore.