Come è comprensibile, non c’è una risposta univoca, perché ognuno vive nella propria casa (e dentro se stesso) una realtà diversa… proviamo a vedere le principali caratteristiche di questo periodo…
Sono saltate le abitudini, i confini non ci sono più, se si litiga non si può più aprire la porta e andare a farsi un giro, si continua a condividere la stessa casa. Chi sente di avere la casa troppo
vuota, chi invece troppo piena. Chi non sopporta più il silenzio della solitudine e chi pagherebbe per averne un po’. Chi ha dovuto rinunciare ai suoi hobby e chi se n’è creato di nuovi, chi ha “solo” un cucciolo e vorrebbe una famiglia e chi darebbe via tutta
la famiglia per un cane o un gatto.
C’è chi sta pulendo e cucinando con piacere perché nelle settimane normali non trova mai il tempo o la voglia e chi già lo fa tutti i giorni e ora si è stancato di farlo h24 senza aiuti in casa.
C’è chi (nonostante i normali problemi) ha creato una bella famiglia e chi la odia la famiglia che si è creato, rimpiange altre cose, preferirebbe vivere con estranei.
C’è chi ritrova nel partner qualcuno con cui ridere e con cui progettare il futuro e chi si chiude in bagno per scrivere all’amante. Chi riscopre tempo prezioso con i propri figli e chi dopo un po’
non li sopporta più e li darebbe in affido (temporaneo s’intende).
C’è chi ha scoperto nuovi talenti, nuove passioni e chi sente di aver perso quelli che aveva, sente vuoti profondi di abitudini, di persone, di rituali…
Siamo tutti sospesi, in un momento che a tratti ci sembra irreale, e questa sospensione ci fa contattare tante cose…
Vuoti che prima riempivamo con altro e che ora non ci è permesso fare.
Ansie prima sedate da distrazioni, che esplodono tutte insieme. Bollettini medici continui che ci fanno stare in allarme, che ci preoccupano, ci stringono il cuore, ci fanno soffrire.
Molti hanno chiuso le loro attività, alcuni per questo tempo, altri forse con danni ancora più gravi… e questo ci stressa, ci angoscia, fa crollare le piccole certezze che ci eravamo creati. Non
siamo in vacanza e comunque anche lì ho notato in questi anni di lavoro, che il ritorno dalle vacanze estive è il momento in cui ricevo più richieste di consulenze… sapete perché?
Perché è il momento in cui la piccola realtà che ci circonda ci appare davanti agli occhi in tutta la sua chiarezza, chi siamo davvero noi e chi sono gli altri che abbiamo intorno…
Aumentano i litigi tra mariti e mogli, ci si esaspera se si passa troppo tempo con i bambini… i nonni sono a loro volta in quarantena e non possono essere di aiuto, le scuole sono chiuse, non si
può uscire… è come se fossimo dentro ad un enorme “grande fratello” senza aver chiesto di partecipare, senza un compenso alla fine, e soprattutto consapevoli che non è un gioco. Ma la sostanza non cambia, ci
si sente leoni in gabbia.
Ognuno vivrà questa quarantena a modo suo, ognuno alla fine potrà scegliere se cercare di capire in questo tempo sospeso cose su di sè oppure no. Ognuno trarrà le sue conclusioni. Per alcuni saranno
lievi, per altri potrebbero essere drammatiche. E non è strano perché la risposta ai traumi è frutto dell’interazione di molti fattori, come diceva John Briere (uno dei grandi esperti di traumatologia) questa risposta dipende da queste variabili: il tipo di
evento stressante, le variabili della vittima, la risposta soggettiva all’evento stressante, il supporto e le risorse sociali. Da questo intreccio escono le vite di tutti noi davanti agli eventi che ci “potrebbero traumatizzare”.
La cosa davvero importante a questo punto è chiedere aiuto se davvero l’insofferenza e il disagio che provate si fanno seriamente profondi e insopportabili. Se siete già in terapia, parlatene con
il vostro terapeuta, se avete sospeso il percorso per questo momento e riprenderete dopo, scrivetevi quando sta avvenendo , quello che provate, pensate, sentite, sono cose dolorose ma preziosissime (ai miei pazienti lo ripeto continuamente, tutto quello che
vi capita è prezioso non lo perdete).
Chiudere gli occhi e farci sordi a quando viviamo non farà altro che esasperare queste sensazioni facendoci esplodere o implodere.
Infine ci sono sensazioni ed emozioni sane, al di là di tutto quello che vi ho già detto, vissuti comuni a tutti noi. Siamo più sensibili, sentiamo la vulnerabilità umana, la fragilità, l’impotenza
e sperimentiamo l’incognita… a queste cose reagiamo tutti in modi diversi: chi piange, chi si congela, chi si incazza, chi polemizza, chi esaspera problemi che aveva già e li vede irrisolvibili, chi si vittimizza,
chi si sente fuori dal mondo, chi se lo sente sulle spalle quel mondo, chi trova forze che non pensava di avere, chi impara la resilienza, chi vede nuove prospettive di crescita…
Qualsiasi sia la vostra risposta o le vostre risposte (le reazioni potrebbero variare da un giorno all’altro e da qualche ora all’altra) ascoltatele, non scappate, non le evitate, hanno sicuramente
da insegnarvi qualcosa.
Prendetevi cura di voi, come avete imparato a fare, chiedete aiuto se non sapete farlo. È un’esperienza che ci lascerà inevitabilmente cambiati, sta a noi scegliere se in meglio o in peggio.
Una figlia si lamentava con suo padre circa la sua vita e di come le cose le risultavano tanto difficili. Non sapeva come fare per proseguire e credeva di darsi per vinta. Era stanca di lottare. Sembrava che quando risolveva un problema, ne apparisse un altro. Suo padre, uno chef di cucina, la portò al suo posto di lavoro. Lì, riempì tre pentole con acqua e le pose sul fuoco. Quando l’acqua nelle tre pentole iniziò a bollire, in una collocò alcune carote, in un’altra collocò delle uova e nell’ultima collocò dei grani di caffè. Lasciò bollire l’acqua senza dire parola. La figlia aspettò impazientemente, domandandosi cosa stesse facendo il padre…. Dopo venti minuti il padre spense il fuoco. Tirò fuori le carote e le collocò in un piatto. Tirò fuori le uova e le collocò in un altro piatto. Finalmente, colò il caffè e lo mise in una scodella. Guardando sua figlia le disse: “Cara figlia mia, carote, uova o caffè?” La fece avvicinare e le chiese che toccasse le carote, ella lo fece e notò che erano soffici; dopo le chiese di prendere un uovo e di romperlo mentre lo tirava fuori dal guscio, osservò l’uovo sodo. Dopo le chiese che provasse a bere il caffè, ella sorrise mentre godeva del suo ricco aroma. Umilmente la figlia domandò: “Cosa significa questo, padre?” Egli le spiegò che i tre elementi avevano affrontato la stessa avversità, “l’acqua bollente”, ma avevano reagito in maniera differente. La carota arrivò all’acqua forte, dura, superba; ma dopo essere passata per l’acqua, bollendo era diventata debole, facile da disfare. L’uovo era arrivato all’acqua fragile, il suo guscio fine proteggeva il suo interno molle, ma dopo essere stato in acqua, bollendo, il suo interno si era indurito. Invece, i grani di caffè, erano unici: dopo essere stati in acqua, bollendo, avevano cambiato l’acqua. “Quale sei tu figlia?” le disse. “Quando l’avversità suona alla tua porta, come rispondi?” “Sei una carota che sembra forte ma quando i problemi ed il dolore ti toccano, diventi debole e perdi la tua forza?” “Sei un uovo che comincia con un cuore malleabile e buono di spirito, ma che dopo una morte, una separazione, un licenziamento, un ostacolo durante il tragitto, diventa duro e rigido? Esternamente ti vedi uguale, ma dentro sei amareggiata ed aspra con uno spirito ed un cuore indurito?” “O sei come un grano di caffè? Il caffè cambia l’acqua, l’elemento che gli causa dolore. Quando l’acqua arriva al punto di ebollizione il caffè raggiunge il suo migliore sapore.” “Se sei come il grano di caffè, quando le cose si mettono peggio, tu reagisci in forma positiva, senza lasciarti vincere, e fai si che le cose che ti succedono migliorino, che esista sempre una luce che, davanti all’avversità, illumini la tua strada e quella della gente che ti circonda”.
Che cosa avrei voluto sentirmi dire il primo giorno di scuola dai miei professori o cosa vorrei che mi dicessero se tornassi studente?
Il racconto delle vacanze? No. Quelle dei miei compagni? No. Saprei già tutto. Devi studiare? Sarà difficile? Bisognerà impegnarsi di più? No, no grazie. Lo so. Per questo sto qui, e poi dall’orecchio dei doveri non ci sento. Ditemi qualcosa di diverso, di nuovo, perché io non cominci ad annoiarmi da subito, ma mi venga almeno un po’ voglia di cominciarlo quest’anno scolastico. Dall’orecchio della passione ci sento benissimo.
Il gruppo di LogoUmoristi di cui faccio parte, organizza questo laboratorio esperienziale, del ciclo “Umoristi Anonimi” rivolto agli studenti universitari che soffrono di ansia.
Sono stata invitata a partecipare come ospite alla trasmissione “Dio li fa poi li accoppia” condotta da Licia Colò e Alessandro Antonino su Tv 2000.
In questa puntata abbiamo parlato di aspetto fisico, di come i canoni di bellezza siano cambiati dal passato… ad oggi e di cosa sia oggi la bellezza (dal fisico formoso alla magrezza eccessiva). Buona visione!
“Racconta una leggenda che un giorno un serpente iniziò ad inseguire una lucciola. Questa fuggiva rapida per paura del feroce predatore e il serpente allo stesso tempo continuava ad inseguirla. Fuggì un giorno e lui la inseguiva, due giorni e la inseguiva.
Il terzo giorno, senza forze, la lucciola si fermò e chiese al serpente:
“Posso farti tre domande?”
“Non sono abituato a rispondere a nessuno, però siccome ti devo mangiare, chiedi pure”, rispose il serpente.
“Appartengo alla tua catena alimentare?” Domandò la lucciola.
“No”, rispose il serpente.
“Io ti ho fatto qualcosa di male?”
“No”, rispose ancora il serpente.
“E allora, perché mi vuoi uccidere?”
“Perché non sopporto di vederti brillare”.
Quante volte ci siamo sentiti come la povera lucciola, impotenti e sconcertati davanti alle tante cattiverie subite, ai torti e alle batoste solo perchè eravamo appagati, sereni, con un lavoro o un figlio o un compagno o qualsiasi altra cosa che ci dava motivo di gioia e di spensieratezza. Quante volte siamo stati oggetto di scherzi cattivi, prese in giro o dispetti solo perchè eravamo buoni, timidi e di buon cuore… Quante volte ci saremo chiesti perchè? Perchè proprio io, cosa ti ho fatto? Non me lo merito… i serpenti sono così, non lo sopportano che qualcuno brilli, devono distruggerlo, devo annientarlo fisicamente o psicologicamente, i continui casi di bullismo e di mobbing purtroppo lo confermano.